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Lettera al Presidente della Repubblica

sentenza

Lettera al Presidente della Repubblica

Vicenza 14 gennaio 2018

Caro Presidente,

Le scrivo nella mia veste di coordinatore nazionale del sindacato con sigla INAREDIS, che rappresenta migliaia di ingegneri e architetti in gran parte docenti dei licei e istituti tecnici che svolgono anche regolarmente la libera professione. La nostra posizione è chiara a livello previdenziale: e cioè tutti noi paghiamo i contributi come dipendenti della scuola o di altre organizzazioni e corrispondiamo un contributo integrativo a Inarcassa per l’attività professionale che sostiene i colleghi professionisti a titolo esclusivo, senza chiedere per questo alcuna altra pensione, in quanto per noi è sufficiente quella da dipendenti.

A partire dal 2011 l’INPS, con l’operazione Poseidone e di propria iniziativa, ha preteso da noi l’iscrizione alla gestione separata istituita con la legge n. 335 del 1995 (legge Dini).

L’Inps, con propria interpretazione (chissà perché solo dal 2011, dato che la legge Dini è del 1995), ha spedito migliaia di avvisi a inermi ingegneri e architetti e in più con sanzioni pari all’80% del richiesto. Ci sono colleghi che, per pagare quanto ingiustamente richiesto, avrebbero dovuto accendere un mutuo o vendere lo studio, la casa, ovvero ipotecare tutto quanto guadagnato in una vita.

Questo atteggiamento dell’Inps è parso a molti di noi fuori luogo, non supportato da leggi e regolamenti. Pertanto, sono stati avviati centinaia di ricorsi nei Tribunali di tutta Italia, ricorsi che fino a dicembre 2017 hanno dato totale ragione alla nostra posizione in tutti i giudizi, a parte qualche rara eccezione. In particolare, si evidenzia la Sentenza di Appello del Tribunale di Roma, la n. 2765 del maggio 2017, in cui i Giudici hanno esplicitato in modo chiaro ed esaustivo la nostra estraneità alla gestione separata Inps.

Nello specifico, i liberi professionisti iscritti ad albi, per stessa previsione della legge Dini istitutiva della GS Inps (articolo due, comma 25, legge 335 del 1995), non rientrano nella gestione separata in quanto sono i rispettivi enti esponenziali nazionali di categoria (CNI, CNA, Cassa Forense ecc.) ad aver definito a livello nazionale il regime applicabile a tutti i propri iscritti in base alle leggi di riferimento. Nel caso degli ingegneri e architetti l’Ente prescelto è stato appunto l’Inarcassa, con tutte le previsioni del suo ordinamento autonomo, ivi compresa la norma che prevede di far pagare, agli ingegneri e architetti che già versano ad altra cassa, il solo contributo previdenziale integrativo come previsto dalla legge n. 6 del 1981, così escludendoli dal pagamento del soggettivo come stabilito dalla L. 1046/71.

Difatti il legislatore nel 1971 ha previsto che: “a decorrere dal 1 ° gennaio 1972 sono esclusi dalla iscrizione alla Cassa gli ingegneri ed architetti iscritti a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque di altra attività esercitata” (art. 2 della legge n. 1046/71 che ha modificato l’art. 3 della legge n. 179/1958), obbligandoli però con la legge n. 6/81, art. n.10, a versare a Inarcassa un contributo previdenziale integrativo che, dal 2013, è entrato nelle risorse utilizzate per pagare le pensione ai colleghi professionisti puri (c.d. montante contributivo). Per completezza, si evidenzia che il Ministero delle Finanze con risoluzione n.109 dell’11/7/96 (ancora vigente) ha stabilito che il contributo integrativo è un contributo previdenziale a tutti gli effetti.

Tale esclusione è stata inoltre ritenuta legittima dalla Corte costituzionale, che ha precisato come “il principio di solidarietà di cui all’art.38 Cost. che richiede che venga assicurata una tutela previdenziale adeguata per l’invalidità e la vecchiaia, non impedisce che vengano posti dei limiti al cumulo delle posizioni assicurative. Non contrasta, pertanto, con tale principio l’art.2, secondo comma, della legge n. 1046 del 1971, nella  parte in cui esclude dall’iscrizione alla Cassa degli ingegneri e architetti coloro che sono iscritti a forme di previdenza obbligatoria in dipendenza dell’esercizio di un ‘altra attività di lavoro” (Corte Cost.,16 marzo 1989, n. 108).

La nostra esclusione dalla Gestione separata Inps dipende fondamentalmente, ma non esclusivamente, dall’interpretazione delle previsioni normative relative alla Gestione Separata e cioè l’art.2, comma 26, L. n.335/1995 – il quale, per quanto qui interessa, stabilisce che “sono tenuti all’iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l’INPS, e finalizzata all’estensione dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell’articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi” – e l’art.18, comma 12, L. n.111/2011 sua norma interpretativa, la quale stabilisce che la norma interpretata “si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all’iscrizione presso l’apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all’iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti ed ordinamenti”.

 Purtroppo, il 17 dicembre di quest’anno sono state pronunciate due sentenze di Cassazione (la n. 30344 e n. 30345) che sostengono, pur disinvoltamente, Inps nella propria strategia e, per l’effetto, stanno indicendo molti iscritti a rinunciare alle azioni proposte ovvero a proporsi a propria tutela.

Trattasi, infatti, di pronunce del tutto parziali, in quanto hanno deciso i ricorsi su un unico e incompleto motivo che lascia del tutto impregiudicate le numerose e più importanti questioni da decidere, anzi già decise dalla Cassazione a nostro favore. In particolare: Suprema Corte di Cassazione sez. Lavoro sentenza 22.05.2008 n. 13218 (stessa motivazione: Cass. 18 maggio 2007 n. 11634 e 16 febbraio 2007 n. 3622) la quale stabilisce che “con la L. n. 335/95, art.2, comma 26, la gestione separata è stata prevista per quei lavoratori autonomi che svolgono attività professionale per la quale non è prevista l’iscrizione in albi o in elenchi e che quindi non hanno alcun ente deputato alla relativa tenuta che possa decidere sulla forma di gestione della tutela previdenziale.” In considerazione di ciò esiste già dunque un contrasto tra sezioni della Suprema Corte che richiederà l’intervento delle Sezioni Unite.

Tali statuizioni di Cassazione vanno contro centinaia di sentenze di primo grado e decine di sentenze delle Corti di Appello dei Tribunali italiani che, in modo pressoché uniforme, ci hanno dato ragione in modo completo. Inoltre, non si comprende come la Cassazione possa interpretare una legge di interpretazione autentica approvata in Parlamento e abbia deciso di portare a sentenza l’unica sentenza di Appello a noi sfavorevole, essendo presenti altri Appelli precedenti a noi favorevoli.

Da segnalare, a questo punto, è che, nella malaugurata e lontanissima ipotesi di conferma delle due sentenze di Cassazione a noi avverse, si aprirebbe un gravissimo contrasto tra ordinamenti previdenziali, sotto molti punti di vista; primo fra tutti quello relativo alla perdurante esistenza, o meno, dell’obbligo di versamento del contributo integrativo a Inarcassa ai sensi dell’art.10 della legge n.6 del 1981. In effetti, non può esistere, in uno stato civile e di diritto, una norma che obblighi dei cittadini a pagare con il proprio lavoro i contributi previdenziali ad altre persone, perché in tal caso il 4% integrativo non dovrebbe essere ulteriormente versato a Inarcassa ma versato ai diretti interessati.

Alla luce di quanto esposto chiediamo alla S.V. di intervenire presso la Cassazione per comprendere i motivi delle distorte Sentenze sopraccitate che vanno sostanzialmente contro tutti i giudici di merito italiani, interpretano una legge di interpretazione autentica, vanno contro le precedenti pronunce della Cassazione stessa e della Corte Costituzionale, statuiscono in primis sull’unica sentenza di Appello negativa a nostra conoscenza, creano un contrasto grave tra leggi (versamento contributo integrativo a terze persone).

Fiducioso in una risposta, con più cordiali saluti e grande stima,

Nicola Busin

Inaredis_Presidente_Repubblica(-1-)

Appello-Roma-2765-17

4 risposte »

  1. Ci sarebbe, inoltre, da chiedere quale sia la ratio della norma interpretativa.
    Secondo la Cassazione, infatti, la norma interpretativa stabilirebbe il principio che sono esclusi dalla GS INPS coloro che versano il contributo soggettivo ad altra cassa…ma tale principio non era mai stato messo in discussione; il legislatore, dunque, avrebbe interpretato l’ovvio!
    Altra possibile interpretazione della norma suggerita dalla Cassazione sarebbe che sono esclusi dalla GS INPS solo coloro che versano un contributo soggettivo ad altra cassa; il legislatore, dunque, sarebbe stato così furbo da lasciare alla libera interpretazione l’avverbio “solo” e l’aggettivo “soggettivo” indispensabili per stabilire tale principio.
    Forse sarebbe opportuno sollecitare un intervento del legislatore a difesa della propria intelligenza …..

  2. Sono d’accordo.
    Ho appena ricevuto il ricorso che l’INPS ha inoltrato alla Cassazione. Fanno presto loro a fare i ricorsi con i soldi pubblici si pagano gli avvocati….

  3. Purtroppo viviamo in uno Stato in cui le Leggi spesso sono scritte in modo contorto e contraddittorio, ponendo i cittadini, in generale, ed i professionisti, in questo caso particolare, alla mercé di Burocrati (in questo caso quelli dell’INPS) e di Giudici di varie “Corti” che, per giustificare la loro presenza (di cui tutti faremmo volentieri a meno), ed i loro lauti stipendi, per altro non intaccabili da alcun riconoscimento di responsabilità in caso di decisione errate, si ritengono autorizzati ad interpretare le Leggi a modo loro e, non di rado, in modo contraddittorio rispetto ai loro stessi colleghi. Occorre che questi “Signori” vengano posti nelle condizioni di dover rispondere anche pecuniariamente e personalmente, nel momento in cui si dovesse dimostrare che le loro azioni abbiano avuto conseguenze pesanti sulla vita dei cittadini!

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