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LETTERA APERTA AI GIUDICI DEL LAVORO DEI TRIBUNALI D’ITALIA.

Il nostro sindacato, che rappresenta gli ingegneri e architetti italiani dipendenti e liberi professionisti, si è fatto carico da subito delle istanze provenienti da tutto il territorio nazionale in merito alla triste vicenda nata nei piani alti dell’Inps e definita operazione Poseidone.  Nel 2011 è iniziata questa battaglia che ha già visto molti colleghi piegarsi di fronte ai potenti mezzi a disposizione del nostro Istituto Nazionale di Previdenza. Operazione Poseidone nata proprio a ridosso della fusione tra Inps e Inpdap, la cassa dei dipendenti pubblici, che portò “in dote” un disavanzo patrimoniale superiore ai 10 miliardi perché lo stato pagava solo in parte i contributi dovuti per legge.

Quindi nella spasmodica ricerca di entrate, i dirigenti Inps pensano anche ai “ricchi” professionisti/dipendenti, iscrivendoli d’ufficio alla gestione separata e applicando da subito sanzioni pari all’80 % del dovuto. Per inciso la legge che ha istituito la gestione separata Inps è la n. 335 del 1995 e quindi fino al 2011 per l’Inps il problema non esisteva.

Per sanare questo maldestro intervento il Parlamento approva una legge, la n. 111 del 2011, che in modo chiaro statuisce che i professionisti iscritti ad un albo ovvero che pagano contributi alla loro cassa professionale di riferimento sono esclusi della gestione separata. A questo punto i dirigenti Inps sembrano aver accettato le nuove disposizioni di legge, almeno fino al 2014. Poi però ricominciano le richieste, convinti delle loro analisi e soprattutto incentivati dai risultati ottenuti, dai tanti soldi arrivati, dato che moltissimi nostri colleghi hanno pagato senza batter ciglio, per il quieto vivere, perché così non si andava incontro a problemi.

Nel frattempo il nostro sindacato si attiva e crea una rete in tutta Italia a supporto delle nostre sacrosante ragioni. I tribunali, praticamente tutti, sia in Primo Grado sia in Appello, ci danno ragione; centinaia e centinaia di Giudici statuiscono la nostra esclusione dalla GS Inps perché lo stabilisce la legge, perché il contributo integrativo versato a Inarcassa è a tutti gli effetti un contributo previdenziale.

Purtroppo a dicembre 2017 la VI sezione della corte di Cassazione, contraddicendo proprie precedenti pronunce, sovverte i giudizi espressi dai tanti Tribunali italiani e dà ragione ai dirigenti Inps. Il cambio così repentino di posizione ha impensierito non poco i nostri iscritti interessati dalla vicenda giudiziaria, emotivamente molto preoccupati.

Le prime sentenze (in totale cinque), scaturite da un’unica udienza nel mese di ottobre 2017, sono poi state pubblicate in periodi diversi, da dicembre a primi mesi del 2018, così da far apparire consolidata  la decisione. Tutte portano la firma, quale relatore, del dott. Luigi Cavallaro, Giudice molto attivo e stimato in ambiente scientifico e, per tale ragione, esperto relatore in materia in svariati convegni sul tema.

A questo punto, grazie al nostro avvocato Chiara Mestichelli, che ha presentato una Istanza di rimessione alle Sezioni Unite (aprile 2018) il Primo Presidente di Cassazione anziché chiudere la questione, preso atto delle evidenti e veritiere problematiche emerse, rimette alla stessa sezione assegnataria di valutare la richiesta. E quest’ultima, dando apparente seguito alle sollecitazioni del Primo Presidente, “si spoglia” della decisione, rimettendo ad altra sezione lavoro della cassazione, segnatamente la Quarta.

Anche in questo caso però la Corte – e nonostante che il Procuratore Generale si mostri sempre favorevole alle nostre argomentazioni – continua a far proprie le tesi dell’Inps e ritiene inutile la rimessione alle Sezioni Unite dato che l’argomento sarebbe  già stato trattato in precedenza, citando le c.d. sentenze Cavallaro. Da dire che tutte queste sentenze si basano su interpretazioni logiche e non su interpretazioni letterali. Questo modo di operare è arbitrario e contrario alla disciplina preliminare al codice civile in particolare l’art. 12 che stabilisce : nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Non si può comprendere l’interpretazione logica perché non ha alcuna funzione effettiva e non permette una interpretazione rigorosa chi cosa la norma disponga. Nel caso del cartello e della scritta “vietato attraversare i binari” un giudice non può stabilire che magari dalle ore 14 alle 16 non passa alcun treno e quindi in quel tempo i binari possono essere attraversati: transita un treno non previsto e le conseguenze sarebbero drammatiche. Quel segnale, quella scritta valgono 24 ore su 24, 365 giorni su 365 e non possono essere messi in discussione, vanno rispettati e basta.

In realtà nella norma di interpretazione autentica il legislatore oltre a stabilire che non possono essere inclusi nella gestione separata i professionisti iscritti ad un albo ha inoltre esclusi quelli che pagano i contributi alla loro cassa professionale senza differenziare quale tipo di contributo, se soggettivo o integrativo.  Quanto statuito dalla Suprema Corte palesa una evidente arbitrarietà, trasformando un sistema di diritto come quello vigente e assolutamente avanzato in una forma di diritto in vigore in periodi non illuminati della nostra storia.

Ancora, la Corte Costituzionale con sentenza n. 108 del 1989 ha statuito proprio nel nostro caso che possono essere posti dei limiti nel cumulo pensionistico. Così si sono espressi i supremi Giudici Costituzionali :…….” La questione non appare fondata nemmeno alla stregua dell’art. 38 della Costituzione. A chi esercita la professione di ingegnere o architetto contestualmente ad altra attività di lavoro l’art. 2, secondo comma, della legge n. 1046 del 1971 non impedisce di ottenere una tutela previdenziale adeguata per l’invalidità o la vecchiaia, ma preclude soltanto, per la ragione testé esposta, l’acquisizione di una duplice posizione assicurativa nell’ambito della previdenza pubblica”…….. . Non è posto quindi alcun vincolo alla nostra esclusione dal pagamento del contributo soggettivo ad Inarcassa, giustificando ai fini solidaristici il nostro contributo integrativo. In più appare del tutto inventato il criterio dell’universalizzazione del pagamento dei contributi previdenziali relativo ad ogni tipo di reddito di lavoro: la Costituzione prevede per ogni cittadino UNA tutela previdenziale pubblica non due o più.

Queste sentenze stanno inoltre creando palese contrasto con le leggi che hanno istituito Inarcassa in quanto il libero professionista è esonerato dal versamento del contributo soggettivo per espressa previsione della norma istitutiva della propria Cassa (art. 21 comma 5, L. 6/81 che richiama l’art. 2, L. 1046/71) poiché per lo stesso periodo è in ogni caso titolare di posizione previdenziale idonea ad assicurargli una adeguata tutela costituzionalmente garantita dallo Stato e quindi viene meno la funzione residuale attribuita dal legislatore del 1995 alla GS Inps. In ogni caso l’ingegnere o l’architetto ha versato il contributo obbligatorio richiesto dalla propria Cassa.

Nel caso in cui queste sentenze fossero confermate si evidenziano le gravissime conseguenze finanziarie cui Inarcassa sarebbe sottoposta: diventerebbe Ente previdenzialmente incompetente a pretendere alcunché dagli ingegneri e architetti anche dipendenti e dovrebbe quindi restituire il 4% finora percepito a tutti i propri immatricolati già titolari di IVS presso altro Fondo, senza limiti prescrizionali. Inoltre verrebbero a mancare ogni anno decine di milioni di euro che regolarmente decine di migliaia di professionisti anche dipendenti versano a titoli solidaristico ai colleghi c.d. “puri”, con evidente enorme danno patrimoniale per Inarcassa. In effetti non si comprende quale norma di legge potrebbe costringere in quel caso una categoria di ingegneri e architetti che versano il 24% del proprio reddito alla gestione separata Inps a corrispondere come solidarietà il 4% del proprio imponibile di lavoro ad un’altra categoria che paga il 14,5% ad Inarcassa. Il palese contrasto con art. 3 della Costituzione e la concorrenza sleale sarebbero del tutto lapalissiani: i primi con il loro lavoro dovrebbero pagare parte della pensione ai propri concorrenti.

Un ulteriore aspetto che appare poco chiaro è poi relativo al fatto che la Cassazione, almeno nel nostro caso, non segue il normale criterio cronologico nell’assegnazione a decisione dei ricorsi presentati, preferendone alcuni rispetto ad altri, invece, inoltrati in tempi precedenti. Viene quasi da pensare che siano stati scelti alcuni ricorsi più semplici da gestire in funzione delle decisioni che in effetti sono state poi prese dai Supremi Giudici.

Fatta questa analisi il nostro sindacato auspica quindi che tutti i Giudici del Lavoro d’Italia continuino a giudicare con discernimento, rigore, consapevolezza come è accaduto prima delle sentevse sopra indicate. In ogni caso in base al nostro ordinamento solo le sentenze delle Sezioni Unite risultano sostanzialmente vincolanti, pertanto una nuova ondata di giudizi a noi favorevoli starebbero a significare che i centinaia di Giudici italiani che già hanno statuito a nostro favore sono convinti delle loro decisioni e che la Cassazione possa sempre essere la massima espressione della Giustizia italiana, libera da condizionamenti di sorta, con il fine di uniformare le sentenze come previsto dalla nostra Costituzione e non di stravolgerle.

4 risposte »

  1. Ottima sintesi della questione. Contiamo sulla indipendenza dei Giudici. Ma perché non citare anche le ordinanze della VI sezione che contengono una evidente critica alle sentenze Cavallaro?

  2. Bravo Nicola, ho letto l’articolo, hai scritto tutto bene in modo sintetico ed efficace … questo articolo potrebbe essere una sentenza di Cassazione. Si dovrebbe fare pubblicare su i giornali e/o le riviste. 👏👏👏

  3. Condivido il contenuto della lettera aperta … propongo inoltre di aprire una battaglia “collettiva”, anche dando uno specifico incarico all’Avv. Chiara Mestichelli, sull’avvenuta prescrizione di molti atti di iscrizione d’ufficio alla Gestione Separata da parte dell’INPS.
    I ricorsi in autotutela c/INPS prodotti a inizio dicembre 2018, su iniziativa di INAREDIS, sono stati un primo passo. Bisogna continuare. Non è possibile, in ogni caso, che ci siano sentenze della Corte di Cassazione a noi sfavorevoli applicabili e sentenze come la n. 27950 del 31.10.2018 che non producono effetti. Occorre proseguire anche su questo tema contro le richieste improponibili dell’INPS.

  4. È assolutamente necessario dare rilievo alla questione pubblicando la lettera sui primi due quotidiani a maggior diffusione nazionale e su tutti gli altri organi di stampa utili, anche non cartacei.
    È indispensabile.

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